Studenti di Psicologia
Diventare psicologo: università e carriera
Università
Dopo aver frequentato una scuola superiore, chi vuole diventare psicologo deve iscriversi alla facoltà di psicologia. Tra le migliori università, secondo la classifica del Censis 2015, ci sarebbero Torino, Bologna, seguita da Trento, Padova...
L’ammissione ai Corsi di Laurea di 1° livello in genere avviene mediante una prova di selezione. L’ammissione ai Corsi di Laurea specialistica, dopo la laurea di 1° livello, avviene mediante una valutazione del curriculum.
I primi anni di studio sono uguali per tutti e si studiano materie come psicologia generale, pedagogia, sociologia e neuroscienze. Nel biennio successivo lo studente sceglierà di approfondire un indirizzo tra psicologia clinica, sociale, del lavoro,ecc.
Durante i cinque anni di università sono previsti dei tirocini in collaborazione con strutture pubbliche o private. Per poter accedere all’Esame di Stato, tutti i laureandi o laureati devono svolgere un tirocinio annuale presso strutture ritenute idonee dall’Autorità Accademica, d’intesa con il competente Ordine degli Psicologi.
L’ultima tappa quindi è l’Esame di Stato che consente di iscriversi all’Ordine degli psicologi ed affacciarsi così al mondo del lavoro.
Esame di Stato
Gli Esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle professioni si svolgono due volte all’anno.
Ci sono due livelli distinti di esami di stato, a cui corrispondono due distinte sezioni negli Albi:
Esame Sezione A: cui si accede con titolo di laurea specialistica (biennale o a ciclo unico);
Esame Sezione B: cui si accede con titolo di laurea di 1° livello o con diploma universitario triennale.
L’esame di stato per la tipologia A è articolato nelle seguenti prove:
a) una prima prova scritta sui seguenti argomenti: aspetti teorici e applicativi avanzati della psicologia; progettazione di interventi complessi su casi individuali, in ambito sociale o di grandi organizzazioni, con riferimento alle problematiche della valutazione e dello sviluppo delle potenzialità personali;
b) una seconda prova scritta sui seguenti argomenti: progettazione di interventi complessi con riferimento alle problematiche della valutazione dello sviluppo delle potenzialità dei gruppi, della prevenzione del disagio psicologico, dell’assistenza e del sostegno psicologico, della riabilitazione e della promozione della salute psicologica;
c)una prova scritta applicativa, concernente la discussione di un caso relativo ad un progetto di intervento su individui ovvero in strutture complesse;
d) una prova orale sugli argomenti della prova scritta e su questioni teorico-pratiche relative all’attività svolta durante il tirocinio professionale, nonché su aspetti di legislazione e deontologia professionale.
Il tipo B si svolge con:
a)una prova scritta vertente sulla conoscenza di base delle discipline psicologiche e dei metodi di indagine e di intervento;
b) una seconda prova scritta vertente su discipline e metodi caratterizzanti il settore;
c) una prova pratica in tema di definizione e articolazione dello specifico intervento professionale all’interno di un progetto proposto dalla commissione;
d) una prova orale consistente nella discussione delle prove scritte e della prova pratica, e nella esposizione dell’attività svolta durante il praticantato, nonché su aspetti di legislazione e deontologia professionale.
La Scuola di Specializzazione
Ma lo studio non finisce qui. Dopo l’Esame di Stato, lo psicologo può iscriversi ad una Scuola di Specializzazione, che rappresenta un percorso il cui obiettivo è di fornire conoscenze e abilità per lo svolgimento di funzioni altamente qualificate come lo psicologo clinico e della salute.
Le scuole di Specializzazione hanno diversi orientamenti e ce ne sono di pubbliche e private.
La durata della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica in genere è di quattro anni. Possono essere ammessi alla Scuola i laureati in Medicina e Chirurgia e Psicologia, in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione. L’ammissione alla Scuola viene effettuata mediante concorso per titoli ed esami.
Lo Psicologo clinico
Lo psicologo clinico è uno psicologo che ha frequentato il corso quadriennale post universitario in Psicologia Clinica, conseguendo il titolo di specialista. Opera principalmente nelle strutture sanitarie pubbliche e/o private, ma anche privatamente a tempo pieno come libero professionista. Lo psicologo clinico è specialista nella psicodiagnosi, nella somministrazione dei tests, nel counseling, nell’orientamento e nell’organizzazione situazionale, sia nella normalità che nella patologia. Lo strumento principale usato dagli psicologi clinici è il colloquio.
Lo Psicoterapeuta
Lo psicoterapeuta è una figura differente. Il suo lavoro consiste nel fornire un aiuto per risolvere problemi psicologici e disturbi mentali, favorire un cambiamento a livello psicologico e comportamentale. Oltre alla laurea in psicologia, o in medicina, e all’iscrizione all’Ordine degli Psicologi, ha una specializzazione post universitaria di almeno quattro anni ed ha sperimentato obbligatoriamente la posizione di paziente in terapia, sottoponendosi ad una propria analisi personale. Dal terzo anno di specializzazione, il professionista è abilitato alla psicoterapia in supervisione, ma per poter esercitare la propria professionalità al termine della specializzazione dovrà essere iscritto nell’Elenco degli Psicoterapeuti del proprio Ordine regionale di appartenenza.
Lo Psicologo del Lavoro
Il percorso dello psicologo del lavoro è prevede la laurea in psicologia del lavoro ed approfondisce il funzionamento delle imprese. Deve avere competenze specifiche sulla selezione, la valutazione e lo sviluppo del personale con buone doti comunicative.
5 lavori per chi è laureato in Psicologia
...Le cinque storie che vi proponiamo sono di donne che hanno coronato il loro sogno: fare un lavoro appassionante con una laurea in psicologia. Dopo lingue, è questa la facoltà col più alto tasso di donne sul totale dei laureati (83,2%), secondo uno studio pubblicato nel 2014 da AlmaLaurea.
Elena Giulia Montorsi, 31 anni, psicologa sportiva
Laurea: psicologia, Università di Pavia (2008), Master in Psicologia dello Sport, Milano (2008), Scuola di specializzazione in psicoterapia per adolescenti e giovani adulti, Milano (2012)
Come sei arrivata a ricoprire questo lavoro?
“Quando sono diventata psicologa e mi sono iscritta all’albo, ho subito puntato alla libera professione, ho preso uno studio in affitto una volta a settimana e ora, a distanza di sei anni, ho un mio studio a Milano e punto ad aprirne un altro a Roma ottimizzato per la psicologia dello sport. Sono fiera del mio percorso perché ho lavorato duramente per arrivarci. So anche che dove sono adesso è uno dei campi base della scalata: per arrivare a essere sempre più capace ho ancora molta strada da fare. Esattamente come nello sport, il trucco è non pensare agli errori come a un fallimento, ma come un’opportunità di crescita”
In cosa consiste il tuo lavoro?
“Mi occupo della formazione degli allenatori in aula e sul campo. E seguo atleti dagli undici anni in poi che hanno difficoltà nella gestione delle emozioni, lavorando anche con la loro famiglia e l’equipe sportiva. Con gli atleti professionisti lavoro sull’ottimizzazione del potenziale e delle risorse mentali, se necessario anche con video chiamate. Il mio sogno? Seguire gli atleti alle Olimpiadi di Rio. Quest’anno ne ho accompagnati alcuni agli Europei e ai Mondiali. Mi sposto spesso: con gli atleti sono più io a viaggiare per raggiungerli che loro a venire da me”.
Cosa ami di questa attività?
“Ho fatto gare sportive per molti anni e amo l’ambiente agonistico. Ogni atleta per me è interessante, fonte di insegnamento. A volte mi chiedo quanto loro facciano bene a me”.
La maggiore soddisfazione?
“Quando alcuni miei sportivi sono saliti sul podio agli europei e ai mondiali”
Chi non potrebbe fare quello che fai tu?
“Chi non ha empatia, non ama interagire con le persone e non ha etica”.
Ti soddisfa la retribuzione?
“Molto. Agli inizi ho fatto la gavetta, ma ora sono molto serena e finalmente da qualche anno sono in attivo”
Quante ore lavori?
“Dipende dal periodo: la scorsa estate, fra Mondiali ed Europei, non ho fatto un giorno di ferie. Sono capace di lavorare sette giorni su sette, con gli atleti ci sono molte esigenze. Se dovessi fare una media direi tra le sette e le dieci ore al giorno. Questo è il momento della mia carriera in cui devo costruire le fondamenta del futuro: o investo adesso o sarà troppo tardi”.
Monica Luci, 41 anni, psicoterapeuta presso il Consiglio Italiano per i Rifugiati
Laurea: psicologia clinica e di comunità, Università di Roma (2002); specializzazione in psicoterapia, Roma (2009) e in psicoanalisi junghiana, Roma (2014).
Come hai ottenuto il lavoro?
“Ho iniziato nel 2004 collaborando come volontaria in un ambulatorio dell'ospedale S. Giovanni Addolorata che si occupava di vittime di tortura inviate dal Cir. Dopo un anno è partita la collaborazione”.
In cosa consiste il tuo lavoro?
“Incontro gli utenti più vulnerabili che si rivolgono al Cir e che mi vengono segnalati. Nei casi più gravi, strutturo un percorso di psicoterapia con incontri regolari e un lavoro più profondo sui traumi vissuti, come torture, prigionia con trattamenti disumani, coinvolgimento in situazioni di battaglia, traumi vissuti durante il viaggio, in cui a volte rischiano la vita nel deserto o in mare oppure sono rapiti e torturati da bande per avere un riscatto dai familiari. Si lavora anche sull'elaborazione di lutti, di familiari o riguardanti perdite di status socio-economico e di relazioni legate alla migrazione”.
Quali sono le qualità di questa attività?
“La grande ricchezza e profondità delle relazioni che si instaurano. Si ha l'impressione di lavorare al fondo dell'umano”.
La più grande soddisfazione che hai avuto?
“Quando hanno iniziato a migliorare le condizioni psicologiche di un paziente da tutti considerato 'senza ritorno'”.
A quali persone non è adatto?
“A chi non ha fatto almeno un'analisi personale, non ha forti motivazioni e fa questo come unico lavoro: dopo qualche tempo ci si ritroverebbe in burnout. Per questo esercito anche in uno studio privato”.
Ti soddisfa la retribuzione?
“Certamente non è proporzionata alla dimensione del lavoro svolto”.
Quante ore al giorno lavori?
“Molte, attualmente anche dieci o dodici. Non tutte con le vittime di tortura, naturalmente”.
Ilaria Barbieri, 32 anni, criminologa
Laurea: psicologa clinica e forense, Università di Napoli (2006); perfezionata in scienze forensi, criminologia investigativa e criminal profiler, Accademia internazionale di scienze forensi, Roma (2012), e in ricerca e repertamento tracce sulla scena del crimine, Raset, Roma (2013).
Come sei arrivata a fare la criminologa?
“La mia forte determinazione, la mia curiosità e l'amore per la verità mi hanno spinto verso un ulteriore campo di ricerca e formazione oltre la laurea: la criminologia”.
Dove trovi la soddisfazione maggiore?
“Nell'affrontare casi complessi come lo stalking, gli abusi sessuali, gli scenari di omicidio. I casi che trattano gli abusi sui minori sono i più complessi e quelli professionalmente più stimolanti per la costanza che richiedono nel raggiungere la verità e per l’aiuto che si può offrire alle vittime”.
In cosa consiste la tua attività?
“Sono responsabile dello sportello antistalking di Napoli e consulente e psicologa del Telefono Rosa di Napoli. Ogni giorno combatto con storie difficili di donne maltrattate, nell’animo e fisicamente. Come consulente tecnico del Tribunale di Napoli mi occupo di molti casi di affidamento di minori in cause di separazione”.
La qualità di questo lavoro?
“Lo adoro perché mi permette di conoscere a fondo le persone, nei loro lati più oscuri”.
Chi non potrebbe farlo?
“Chi non ha una gran forza d’animo o pensa di doverlo fare solo per guadagnare, o che prima di affrontare i lati oscuri altrui ha paura di guardarsi dentro”.
Ti soddisfa la retribuzione?
“Di solito la mia è una professione ben pagata, ma i tempi sono quelli che sono e purtroppo non sempre è così. Se all’inizio della mia carriera accettavo paghe misere per prestazioni che valevano molto di più, oggi valuto bene cosa mi propongono ma cerco anche di ampliare più ambiti per far aumentare le possibilità lavorative”.
Erminia Fiorentino, 25 anni, dottoranda di ricerca presso le Università di Napoli ed Edimburgo
Laurea: psicologia cognitiva, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli (2013), Master in Metodi di ricerca in psicologia cognitiva, Università di Stirling, Scozia (2014).
Come sei arrivata a ricoprire il tuo attuale lavoro?
“La passione per la materia è il motore principale. E nella mia università hanno avuto fiducia nelle mie capacità”.
In cosa consiste?
“Comporta fare ricerca, studiare e indagare le funzioni della mente umana, perlopiù attraverso il metodo sperimentale. Mi occupo nello specifico di memoria ed emozioni e del ruolo che ricoprono nella nostra vita”.
Quali sono le qualità di questa attività?
“La possibilità di scoprire come funzioniamo e perché agiamo in determinati modi. Inoltre, la natura internazionale del dottorato di ricerca permette di viaggiare e fare esperienza in laboratori e dipartimenti all’avanguardia”.
La tua maggiore soddisfazione?
“Sto costruendo tutto da sola, alla faccia delle 'parentopoli' e della mancanza di meritocrazia che affligge spesso il nostro Paese”.
Chi non potrebbe fare questo lavoro?
“Non lo consiglierei a chi non ha una propensione allo studio, una innata curiosità, un interesse per la ricerca e la voglia di scoperta. A chi non ha intuizioni e fame di conoscenza”.
Ti soddisfa la retribuzione?
“Certo, sono molto soddisfatta. A 25 anni sono economicamente indipendente”.
Quante ore al giorno lavori?
“Non ci sono orari prestabiliti ma scadenze da rispettare. Ci sono giornate in cui studiando non mi rendo conto delle ore che passano e altre in cui analizzando i dati capita di trascorrere la notte in laboratorio. Ma questo non mi pesa: sono mossa da interesse e passione per quello che faccio”.
Dora Aliprandi, 36 anni, psicologa dei disordini alimentari
Laurea: psicologia, Università di Milano (2004), Master in mediazione, Milano (2006), diploma di psicoterapia, Milano (2011)
Come sei arrivata a ricoprire il tuo lavoro?
“Al secondo anno di università, Fabiola De Clercq (autrice per Rizzoli di "Fame d'amore" e "Donne invisibili" e fondatrice di Aba, associazione bulimia e anoressia), che già conoscevo di fama, ha tenuto una conferenza sull'approccio di Aba alla sofferenza psichica nei disturbi alimentari e alle dipendenze. Ho capito subito di voler fare un'esperienza nella sua associazione. Così ho fatto un tirocinio, poi sono diventata borsista, infine psicologa e terapeuta”.
In cosa consiste il tuo ruolo?
“In Aba effettuo terapie individuali e di gruppo con persone che soffrono di disturbi alimentari e sono responsabile del lavoro di prevenzione nelle scuole. Mi occupo anche di formazione”.
Quali sono le qualità di questo lavoro?
“La possibilità di mettersi in discussione, un costante confronto con i colleghi e l'opportunità di entrare in contatto con l'altro e con la sua sofferenza in maniera empatica e non giudicante”.
Qual è la tua maggiore soddisfazione?
“La provo ogni volta che persone sofferenti con cui lavoro iniziano ad aprirsi alla vita”.
Chi non potrebbe fare questo lavoro?
“Qualcuno privo di un profondo interesse per l'essere umano e non capace di mettersi in relazione e in discussione”.
Ti soddisfa la retribuzione?
“Molto”.
Quante ore al giorno lavori?
“Circa otto”.